Dell’Arte e della Finzione

 

L’arte, e la capacità di apprezzarla, è una delle sublimi evidenze della grandezza umana nell’universo, una delle poche che ci confortano della consapevolezza di saperci inchiodati su un minuscolo frammento sperduto in uno spazio infinito.

L’arte ha subito da sempre l’attacco della finzione, ossia del tentativo di spacciare per arte cioè che arte non è, per imitazione, plagio, manipolazione, a mezzo soprattutto di ripetitivi elogi gratuiti; che succede molto spesso all’interno di gruppi superficiali, scadenti e autoreferenziali.

La musica ha un vantaggio, da questo punto di vista: il palcoscenico. Sul palcoscenico il musicista è solo, e non può barare. Se è un artista, e se è preparato, suona, e il pubblico, anche se non completamente competente, a due passi, può cogliere le sfumature della sua cultura, del suo talento, della sua emozione.  Egli e il pubblico possono apprezzare la gamma dinamica e timbrica della vera musica. E tutto si moltiplica immensamente quando sul palco c’è un’orchestra, con un direttore, con tanti strumenti diversi, essi stessi opere d’arte, voci meravigliose. Come tutti gli artisti sanno bene l’arte comprende l’abilità di coinvolgere il pubblico, di appassionarlo, di catturarne l’attenzione e l’emotività. Come ogni vero musicista sa bene, ogni concerto dipende anche dal pubblico, dalle sensazioni di ritorno a chi è sul palco. Un pubblico arrivato sereno, predisposto a fruire di una o due ore di “bellezza”.

Quante volte abbiamo allungato un concerto, quante volte lo abbiamo accorciato, quante volte abbiamo modificato al volo una scaletta perché così ci ha consigliato la nostra sensibilità? E che dire dell’emozione che perdura per ore, a volte per giorni, dopo la fine del concerto, sia nei musicisti che nel pubblico?

La genialità dei grandi compositori e dei grandi artisti in genere è una colonna portante dell’evoluzione della consapevolezza dell’essere umano, della sua sensibilità, delle sua capacità di introspezione, del suo innalzarsi sul piano morale, etico ed estetico.

Nei tempi moderni assistiamo tristemente sempre di più al mercimonio che si fa della definizione di artista. Complici molto spesso certi media, dilettanti e truffatori vengono innalzati al ruolo di artista, di fenomeno, di talento. E, come si sa, una affermazione ripetuta costantemente, diventa vera. O meglio, come ci insegna la psicologia, un pattern ripetuto costantemente va a formare una “credenza”, che va ad accumularsi nel bagaglio di credenze alle quali ognuno di noi attinge per rappresentare la realtà.

Ad esempio, le organizzazioni che cercano di portare l’attenzione sui grandi temi sociali (ambiente, distribuzione delle risorse, libertà della persona) usano le stesse strategie aggressive e di “basso ventre” che usano i politici o organizzazioni economico-finanziarie loro antagoniste che disprezzano tanto.

Se lasciamo degradare la qualità, la conseguenza sono il degrado dei costumi e dell’interesse. Eppure, dovrebbe essere chiaro a tutti che non possiamo pensare di migliorare la società senza migliorare l’individuo. E ciò si può fare solo con il promuovere e sensibilizzare la crescita culturale. In due parole, arte e cultura.

 

Tecnologia

La tecnologia oggi permette di fare tante cose, inimmaginabili fino a pochi anni fa. Siti internet, streaming, video conferenze, registrazioni hanno ampliato enormemente le possibilità di divulgazione e, quindi, di commercio. Ciò crea grandissimi vantaggi anche alla diffusione della cultura, perché chiunque può trovare facilmente tante risposte ai suoi dubbi, alla sua curiosità, alla sua necessità di crescita. Ciò che prima si poteva conoscere solo dopo tante ricerche, adesso si trova facilmente online.

Tutto ciò è la diffusione del pensiero, la propagazione delle attività, la pubblicazione di documenti, che siano degli scritti, delle partiture, delle registrazioni. Il video del Concerto del grande artista è la pubblicazione e la comunicazione di ciò che è avvenuto in quel giorno e in quel teatro, ma non è il Concerto stesso.

Da qualche tempo, con forte accelerazione dovuta alle restrizioni causate dalla pandemia, proliferano ovunque eventi che, ad evitare gli innumerevoli cavilli e problemi organizzativi, si svolgono semplicemente in remoto.

Dandosi dignità con il fatto che alcuni eventi storicamente importanti hanno sperimentato la stessa via, tali manifestazioni approfittano di abbisognare di budget bassissimi, sparano numeri improbabili e incontrollabili che si prestano a facili manomissioni, e usano le tecniche create dai social network di ripetizione e divulgazione di post e condivisione. Ora, fare ciò perché non si può fare meglio, può anche essere, entro certi limiti, accettabile. Ma spacciarlo per innovazione, per strada del futuro o idea meravigliosa è semplicemente indice di ignoranza e insensibilità, perpetuando una recita meschina e miserabile.

Quello che si sente stando a poca distanza da un musicista in una sala con una buona acustica, viene ripreso da uno o più microfoni. Se sono di alta qualità, se il tecnico del suono è bravo, se i pre-amplificatori sono buoni, se i convertitori ADC sono di alta qualità, si avrà un risultato che perderà “solo” in dinamica, emozione, arte. Poi tutto sarà inviato via internet, con il collo di bottiglia della banda in trasmissione, spesso instabile e limitata. Andando poi verso tutto il mondo, subirà imprevedibili deterioramenti, ritardi, intoppi; e comunque all’arrivo sul terminale dell’ascoltatore subirà i limiti del terminale stesso: diffusori di computer, cuffie o auricolari, o altoparlanti di telefoni cellulari. Tutti gli esperimenti di diretta streaming hanno risultati in gran parte di pessima qualità, perché dipendono dalle tortuosità del percorso del segnale e del terminale di ricezione di ogni singolo spettatore. A quel punto, molti organizzatori si sono rivolti all’uso di video pre-registrati. Se per lo meno si fossero muniti di applicazioni che registrano direttamente in un server esterno proprietario una esecuzione in diretta, se avessero preteso che l’esecutore registrasse davanti ad un piccolo pubblico, si sarebbe avuta almeno la ragionevole sicurezza di una esecuzione di getto. Ma in moltissimi casi si è chiesto semplicemente un video, esponendosi alla possibilità, per non dire probabilità, di ricevere un grande numero di esibizioni manipolate.

 

Abominio

Assistiamo a una deriva dei valori che avrà effetti irrimediabili nell’economia dello spettacolo, dei concerti, degli eventi dal vivo, a favore di chi promuove eventi senza costi, tanto cari ad una certa casta (speriamo più piccola possibile) di politici superficiali, e che riducono considerevolmente la distanza tra un artista e un mestierante con discreti mezzi tecnici.

Non servirà più studiare ed esercitarsi per contenere l’emozione, e trasformarla in energia positiva. Non servirà più esercitarsi a distribuire le energie per un’ora di concerto. Non servirà capire se stessi per isolarsi dalle distrazioni dell’ambiente. Non servirà trasmettere niente al pubblico.

Servirà capire dove e come usare le articolazioni per creare un possibile ed impercettibile drop-in. Servirà capire come inserire e sincronizzare un frammento audio, ed equalizzarlo per renderlo non individuabile nel contiuum di un video. Servirà un tecnico di fiducia che farà i taglia-incolla, e poi sceglierà il compressore, l’equalizzatore e il riverbero adatto per dare l’illusione, o per lo meno negare il contrario, che un video sia registrato di getto.

E il pubblico? Ascolterà distrattamente solo quello che gli interessa, mentre partecipa a qualche chat o controlla l’acqua nella pentola, magari con un calice di vino da sorseggiare.

E tutto finirà senza applausi, senza emozioni, senza arte.

Quello che mi addolora è che pure alcuni grandi musicisti che si prestano a questa follia. La deriva di eventi on-line taglierà le loro possibilità di cachet. Andando avanti di questo passo, avremo “artisti” che magari non sapranno minimamente come posizionarsi in pubblico. Avremo “musicisti” che impareranno a suonare su basi pre-registrate, tipo karaoke, e che non avranno la minima idea di cosa significhi lavorare con un’orchestra e un direttore d’orchestra. Come si può essere tanto ciechi?

Per non parlare poi  del problema enorme della violazione sistematica dei diritti d’autore, che rendono impossibile ai giovani compositori vivere del loro talento.

 

Il circo

Eventi in remoto negli ultimi mesi sono spuntati come funghi. Pochi costi, nessun problema logistico, solo ore al computer. Soprattutto, sono nati e proliferati decine e decine di concorsi. Organizzazione in remoto, concorrenti in remoto, giurati in remoto. Ovviamente, i concorrenti mandano lo stesso video a molti concorsi diversi. Quindi, emergere tra le decine (tra poco centinaia) di eventi online cloni di sè stessi, pone un problema di visibilità. Diversi organizzatori hanno cercato di emergere usando la tecnica del Circo. Interviste a musicisti, professionisti, manager, studenti, concorrenti; mescolati a esecuzioni, notizie fuori contesto, video, talk show, e tutto senza regole, senza morale, senza serietà. Mescolando musicisti di livello ingenuamente attratti con mestieranti mediocri, grandi nomi con ragazzi alle prime armi, giovanissimi ora giurati e ora concorrenti, e via a parlare di talento, di meraviglia, di grandiosità; numeri di contatti, concorrenti e spettatori enormi fino all’inverosimile, e oggettivamente incontrollabili. E tutto shakerato e riversato nei telefonini della gente che si e no presta un minimo di intermittente attenzione.

Tutto questo è un errore filosofico che pagheremo molto caro.